Non ti aspetti che un patè di olive ti permetta di riflettere sul senso della vita.
E sul senso che diamo, poi, alle giornate.
A quel lento o veloce passare del tempo in cui non riusciamo a stare fermi e tranquilli e ci sbattiamo altalenanti tra lacrime di passato e profumo di futuro.
E’ sera tardi, dopo che ho finito il mio lavoro, dopo che ho messo a letto mio figlio, dopo che ho studiato ciò ch
— con Roberto Sugliani
E sul senso che diamo, poi, alle giornate.
A quel lento o veloce passare del tempo in cui non riusciamo a stare fermi e tranquilli e ci sbattiamo altalenanti tra lacrime di passato e profumo di futuro.
E’ sera tardi, dopo che ho finito il mio lavoro, dopo che ho messo a letto mio figlio, dopo che ho studiato ciò ch
e dovrebbe nutrirmi l’animo mi siedo in veranda.
Nel silenzio delle 23.00 ti domandi se quelle strisce dei fanali portano via o portano verso e se quelli che guidano stanno facendo un bilancio del giorno o se anche loro sono sbilanciati.
Impegnati in tanti piccoli gesti e pensieri che da soli non si sommano mai in un unico totale, significativo, importante.
Che dia senso e profondità al regalo dell’esistenza.
Beh, vabbè, troppi pensieri: ho fame.
A quest’ora quello che c’è in frigo c’è.
Patè di olive nere.
Perfetto. Mi piace un sacco.
Il pane è fresco di giornata. Oggi, nel caso quotidiano, qualcuno è riuscito a fermarsi, dal panettiere. Non è così scontato.
Birra.
Yesssss…
E’ un mondo perfetto quello che mi si para davanti.
Scaldo due fette nel tostapane.
Le spalmo di patè.
Le poso su un vassoio di legno e le porto sul tavolo in veranda,
Verso la birra, mi accoccolo sulla sedia ricoperta da una trapunta che la rende comoda e morbida come una nuvola che guarda sul cortile e sulla strada comunale.
Quasi tutto sta dormendo intorno o sta sprofondando nella calma temporanea della notte, per riprendersi, rialzarsi, respirare.
Oggi è stata una giornata densa come un vasetto di miele o di vinavil.
Piena di alti e bassi, frenate ed accelerazioni.
Con gente in gamba e gente stronza che incrocia il suo destino al tuo cambiandolo ogni volta di poco… di tanto.
Con tanti bivi e strade da prendere o da abbandonare per sempre per non farci più ritorno.
Mille occasioni per fare valere la tua libertà e ritirare fuori il meglio, per quanto piccolo o poco apprezzato sia.
Mi sorseggio la birra e mi ritengo fortunato anche oggi.
Mi sembra che sia un enorme privilegio essere qui.
Avere avuto possibilità.
Prima ancora che esiti.
Possibilità.
Questo mi piace.
Addento un pezzo di pane tiepido e patè.
E’ buonissimo.
Una piccola esplosione di felicità e di soddisfazione.
Siamo ancora un po’ animali per fortuna e il cibo ha tanti significati piacevoli.
Mi immergo ancora nei pensieri sulla giornata e sui mille piccoli avvenimenti che lasciati orfani delle nostre riflessioni si perderanno senza senso… “come lacrime nella pioggia”.
Non voglio che si perdano.
Li ripenso e li rimetto in fila come soldatini e li lego con una ragnatela di affetto.
Ho accompagnato mio figlio a scuola e gli ho mostrato che c’è un albero sulla strada che è lì ancora da quando ero bambino io.
Ho ascoltato un collega che voleva mollare.
Ho visto un magazziniere spostare bancali e auto fermarsi per permettere ad un anziano di attraversare.
Ho dato la mano ad un cliente che non conoscevo e ho sentito alla radio dei terremoti in terre lontane.
Ho incontrato quello che potevo essere io in tanti altri, nel buono e nel cattivo che c’è in ciascuno di noi.
Ho letto dieci pagine che raccontavano di una vita non mia.
E ogni minuto è stato differente.
Questo mi piace.
Avere da prendere, da lasciare, da esplorare e da ripartire e da tornare a casa.
E mi sembra una fortuna immensa.
E questa fortuna rende i giorni dei regali.
Tutti diversi.
Tutti speciali.
Di cui, scartata la confezione, il contenuto è un p0′ come uno specchio, e ci ritrovi dentro quello che sei stato disponibile a metterci tu.
Troppa profondità.
Troppa riflessione.
Troppa introspezione.
Rigiro il vasetto di patè di olive “fior fiore Coop” e leggo il retro dell’etichetta.
“I prodotti fior fiore Coop raccolgono il meglio della cultura gastronomica rendendo speciale anche un giorno qualsiasi”.
Ecco.
Lo sapevo.
Non potevo essere così sensibile.
I giorni sono tutti giorni qualsiasi.
E’ il patè che ha reso questo speciale.
Che coglione che sono.
Dovevo immaginarlo.
Domani scrivo alla Coop per ringraziarli.
Nel silenzio delle 23.00 ti domandi se quelle strisce dei fanali portano via o portano verso e se quelli che guidano stanno facendo un bilancio del giorno o se anche loro sono sbilanciati.
Impegnati in tanti piccoli gesti e pensieri che da soli non si sommano mai in un unico totale, significativo, importante.
Che dia senso e profondità al regalo dell’esistenza.
Beh, vabbè, troppi pensieri: ho fame.
A quest’ora quello che c’è in frigo c’è.
Patè di olive nere.
Perfetto. Mi piace un sacco.
Il pane è fresco di giornata. Oggi, nel caso quotidiano, qualcuno è riuscito a fermarsi, dal panettiere. Non è così scontato.
Birra.
Yesssss…
E’ un mondo perfetto quello che mi si para davanti.
Scaldo due fette nel tostapane.
Le spalmo di patè.
Le poso su un vassoio di legno e le porto sul tavolo in veranda,
Verso la birra, mi accoccolo sulla sedia ricoperta da una trapunta che la rende comoda e morbida come una nuvola che guarda sul cortile e sulla strada comunale.
Quasi tutto sta dormendo intorno o sta sprofondando nella calma temporanea della notte, per riprendersi, rialzarsi, respirare.
Oggi è stata una giornata densa come un vasetto di miele o di vinavil.
Piena di alti e bassi, frenate ed accelerazioni.
Con gente in gamba e gente stronza che incrocia il suo destino al tuo cambiandolo ogni volta di poco… di tanto.
Con tanti bivi e strade da prendere o da abbandonare per sempre per non farci più ritorno.
Mille occasioni per fare valere la tua libertà e ritirare fuori il meglio, per quanto piccolo o poco apprezzato sia.
Mi sorseggio la birra e mi ritengo fortunato anche oggi.
Mi sembra che sia un enorme privilegio essere qui.
Avere avuto possibilità.
Prima ancora che esiti.
Possibilità.
Questo mi piace.
Addento un pezzo di pane tiepido e patè.
E’ buonissimo.
Una piccola esplosione di felicità e di soddisfazione.
Siamo ancora un po’ animali per fortuna e il cibo ha tanti significati piacevoli.
Mi immergo ancora nei pensieri sulla giornata e sui mille piccoli avvenimenti che lasciati orfani delle nostre riflessioni si perderanno senza senso… “come lacrime nella pioggia”.
Non voglio che si perdano.
Li ripenso e li rimetto in fila come soldatini e li lego con una ragnatela di affetto.
Ho accompagnato mio figlio a scuola e gli ho mostrato che c’è un albero sulla strada che è lì ancora da quando ero bambino io.
Ho ascoltato un collega che voleva mollare.
Ho visto un magazziniere spostare bancali e auto fermarsi per permettere ad un anziano di attraversare.
Ho dato la mano ad un cliente che non conoscevo e ho sentito alla radio dei terremoti in terre lontane.
Ho incontrato quello che potevo essere io in tanti altri, nel buono e nel cattivo che c’è in ciascuno di noi.
Ho letto dieci pagine che raccontavano di una vita non mia.
E ogni minuto è stato differente.
Questo mi piace.
Avere da prendere, da lasciare, da esplorare e da ripartire e da tornare a casa.
E mi sembra una fortuna immensa.
E questa fortuna rende i giorni dei regali.
Tutti diversi.
Tutti speciali.
Di cui, scartata la confezione, il contenuto è un p0′ come uno specchio, e ci ritrovi dentro quello che sei stato disponibile a metterci tu.
Troppa profondità.
Troppa riflessione.
Troppa introspezione.
Rigiro il vasetto di patè di olive “fior fiore Coop” e leggo il retro dell’etichetta.
“I prodotti fior fiore Coop raccolgono il meglio della cultura gastronomica rendendo speciale anche un giorno qualsiasi”.
Ecco.
Lo sapevo.
Non potevo essere così sensibile.
I giorni sono tutti giorni qualsiasi.
E’ il patè che ha reso questo speciale.
Che coglione che sono.
Dovevo immaginarlo.
Domani scrivo alla Coop per ringraziarli.
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